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Care studentesse, cari studenti,

un nuovo anno scolastico sta iniziando. Quanti progetti, quanti pensieri e quante preoccupazioni avrete! Alcuni di loro non mi è difficile immaginarli perché, come dicono spesso gli adulti (in tono forse noioso ma realistico), “ci sono passato anche io”. Obietterete forse, col vostro sano e normalissimo spirito oppositivo, che invece io non ne posso sapere nulla perché sono di un’altra “epoca”, che nessuno eccetto voi stessi può sapere cosa provate. E avete ragione: ognuno di noi è certamente diverso dagli altri e “nulla due volte accade / né accadrà”, come ha scritto la poetessa polacca Wislawa Szymborska, o, come diceva il filosofo greco Eraclito, “non è possibile bagnarsi due volte sulla stessa acqua di un fiume”.

Eppure ci sono sentimenti, situazioni, circostanze, riflessioni che accomunano tutti gli studenti, tanto voi oggi quanto la mia generazione allora. E forse, ripercorrendo quello che io provavo alla vostra età, vi riconoscerete almeno in parte in quello che io ho vissuto, e viceversa io forse posso arrivare a intuire quello che state provando voi in questo momento emozionante.

Ricordo nitidamente tanto i miei primi giorni di scuola quanto gli ultimi, l’emozione soffocante e la piena consapevolezza che stesse succedendo qualcosa di importante nella mia vita, una tappa fondamentale che avrei sempre tenuto a mente (come poi è stato), con tutti i sentimenti che ne nascevano: l’ebbrezza per il nuovo che mi attendeva, ma la tristezza per ciò che lasciavo (per sempre!) dietro di me.

Ricordo anche le sensazioni che provavo all’inizio di ogni anno scolastico: ricordo la malinconia per un’estate che lasciava ancora gioiose impronte nella mia memoria; ricordo la delusione all’idea di rivedere alcuni insegnanti o l’allegria nel rivederne altri; ricordo la paura (a volte il terrore) al pensiero che prima o poi sarebbero ricominciati compiti e interrogazioni e che, per quanto io avessi voluto studiare, mi sarebbe potuto sempre capitare di prendere un brutto voto (come a volte di fatto è capitato); ricordo però anche la gioia di rivedere i compagni, di chiacchierare e scherzare, di poter condividere con loro una parte importante della mia vita.

Vi riconoscete almeno in parte in tutto ciò? Forse un poco sì, almeno mi piace pensarlo.

Ma vi dirò di più. Quello che io, ai miei tempi di studente non sapevo ancora perfettamente (e che mi auguro voi comprendiate almeno un po’), è che il mio percorso scolastico, la mia esperienza di studente, lunga e affascinante, mi avrebbe permesso di formarmi e di essere migliore di come sarei stato altrimenti. Non sapevo bene all’epoca, ad esempio, che svolgendo esercizi di matematica in camera mentre mia madre preparava la cena, o studiando italiano in cucina in un pomeriggio piovoso, o ripassando latino la mattina in autobus col sottofondo musicale della “Bohemian Rhapsody” dei Queen, mi stavo formando. Stavo arricchendo me stesso di un bene prezioso che si chiama “sapere”, che non vuol dire tanto “conoscere una cosa”, quanto soprattutto “saper fare”, “saper pensare”, “saper agire”.

State pur certi, o provate a fidarvi, che le cose stanno sicuramente così anche per voi oggi, e quando vi chiederete sconfortati a cosa serva studiare una disciplina in camera, in un pomeriggio piovoso o nell'autobus, o a cosa serva studiare in generale, la risposta è la stessa che ho compreso io dopo aver terminato il Liceo: ad essere uomini, donne, e in generale cittadini, migliori, più consapevoli delle proprie scelte e pertanto più liberi. Ecco a cosa serve andare a scuola, e ecco cosa vogliono da voi i vostri insegnanti e di sicuro anche i vostri genitori.

Buono studio e buon anno scolastico,

il vostro Dirigente Scolastico

Marco Pazzelli